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In Pillole: Aborted – Unleashed – Bloodbath

  • Aborted – Terrorvision (2018, Century Media)

Ormai sono diversi anni che il combo belga ha trovato la quadratura del cerchio e non sbaglia un disco. A parte il deludente “Strychnine.213”, la band guidata dal buon Sven ha pienamente codificato la sua proposta e da lì non si muove di un millimetro, e quindi “Terrorvision” non è che l’ennesima prova dello stato di salute degli Aborted, dopo i già convincenti “Global Flatline”, “The Necrotic Manifesto” e “Retrogore”.
Nessuna novità nel sound di questi macellai, solo tanta qualità e bontà in fase di songwriting per un disco che ancora una volta dosa alla perfezione brutalità, tecnica, atmosfere horrorifiche e aperture melodiche mai fuori luogo o improbabili (sentire a tal proposito “Farewell to the Flesh”). Ormai gli Aborted rappresentano un unicum nel panorama death (o brutal che dir si voglia): possono piacere o non piacere, possono proporci lo stesso lavoro da qualche anno a questa parte ma certo è che sono uno dei gruppi più riconoscibili all’interno del loro campionato. Riff al vetriolo, drumming forsennato, vocals terrificanti e cambi di tempo folli sono ancora una volta gli ingredienti principali del successo degli Aborted; non ci resta che prenderne nuovamente atto e ringraziare il fatto che i belgi (con in più il nostrano Stefano Franceschini al basso) a ormai venti anni dal primo demo, hanno ancora grinta e idee da vendere.

 

Unleashed - The Hunt for White Christ

 

  • Unleashed – The Hunt for White Christ (2018, Napalm Records)

A voler essere sincero per un certo periodo della mia vita gli Unleashed sono stato il mio gruppo swedish-death preferito. In particolare avevo molto apprezzato pure il disco che li aveva riportati in auge, quel “Midvinterblot” del 2006 che modernizzava un pò la proposta ma senza snaturarla. Seguì il disco-compia “Hammer Battalion” e poi purtroppo, tanta, troppa mediocrità.
“The Hunt for White Christ”, che esce a distanza dal poco interessante “Dawn of the Nine” del 2015 e del quale ne segue le coordinate in tutto e per tutto, è l’ennesimo lavoro di maniera da parte di una band che sembra aver ormai esaurito la spinta creativa ma che, essendo costituita da professionisti, riesce per lo meno a muoversi all’interno della decenza ancora oggi.
Peccato che comunque la sola “esperienza” non basti e ancora una volta gli Unleashed ci consegnano un disco tanto rassicurante quanto prevedibile e noioso, con una manciata di brani a tratti piacevoli ma che non lasciano alcun segno nella memoria dell’ascoltatore.  E quindi niente: al di là di un titolo decisamente paraculo e del sempre ottimo lavoro di Folklare in fase solista, “The Hunt for White Christ” è un disco assolutamente non necessario e del quale ci dimenticheremo presto.

Bloodbath - The Arrow of Satan Is Drawn

 

  • Bloodbath – The Arrow of Satan is Drawn (2018, Peaceville) 

Aridatece Akerfeldt, aridatece i vecchi Bloodbath.
Sì lo so, maniera banale e oltremodo malinconica per iniziare una recensione, ma al termine dell’ascolto di “The Arrow of Satan is Drawn” era l’unico pensiero che mi ronzava in testa. Ossessivo, come un mantra.
Perchè davvero, degli svedesi che ci avevano stupito con il putridissimo “Breeding Death”, con il massiccio “Nightmares Made Flesh” e l’eccellente “The Fathomless Master” non rimane praticamente più nulla, sostituiti da una band che pare in stato comatoso e da un cantante (Nick Holmes, già dietro al microfono nel precedente e mediocre “Grand Morbid Funeral”) terribilmente fuori parte.
Funziona poco nel sesto full degli scandinavi: buona la produzione, meravigliosa per concept e realizzazione la copertina, ma ci si ferma lì perchè quando il disco comincia a girare nel lettore si viene sommersi da un’ondata di pressapochismo e banalità da lasciare sconcertati.
“Bloodicide”, brano scelto per presentare il disco qualche mese fa, aveva già settato gli standard a livelli molto bassi sia per la prova vocale che per il lavoro di chitarra terribilmente scolastico, e il resto della tracklist segue a ruota la filosofia della canzone: che si parli di “Deader”, “Chainsaw Lullaby” o “Warhead Ritual” cambia poco. Zero riff memorabili per una ricerca spesso e volentieri forzata del groove a tutti i costi che alla fin della fiera non porta da nessuna parte e rende l’assalto degli svedesi tutto tranne che interessante.
Come per la prova precedente, “The Arrow of Satan is Drawn” è un’opera altamente evitabile.